Ritorna anche quest'anno il Premio Ranieri Filo della Torre per tesi di laurea, laurea magistrale e di dottorato di ricerca.
Per partecipare e il bando potrete trovare tutto sul sito dell'Accademia Nazionale dell'Olivo e dell'Olio.
Si precisa che per la parte scientifica la scadenza per la presentazione delle domande è il 1° dicembre
Il Premio
IL PREMIO È ARTICOLATO IN TRE SEZIONI: LETTERARIA - STORIA E COMUNICAZIONE - SCIENTIFICA
GIURIA DEL PREMIO per le sezioni letteraria e storia e comunicazione:
Presidente di giuria: CORRADO CALABRO’
Il comitato di Giuria è formato da Elia Fiorillo, Loriana Abbruzzetti, Maria Cristina Valeri, Ilenia Gradante, Maria Rosa Patti, Antonio Ragone, Alessandra Felli, Gabriella Rossitto, Sergio De Angelis, Sergio Belfiore,Erberto Accinni, Stefano Colonna, Andrea Tomasini,
SEZIONE LETTERARIA
Coordinamento a cura di Vera Ambra – scrittrice
SEZIONE STORIA E COMUNICAZIONE
Coordinamento a cura di Maria Rosa Patti – Archeologa
Si precisa che per la parte scientifica la scadenza per la presentazione delle domande è il 1° dicembre
Un po' di storia
Il “premio” dedicato a Ranieri Filo della Torre è certo un evento che vuole celebrare un personaggio significativo del mondo dell’olivicoltura italiano, oltre che dell’agricoltura, ma anche – e soprattutto – un’occasione d’unità vera del settore per fare cultura. Un obiettivo certamente ambizioso per ri-scoprire i valori propri – e spesso nascosti - del mondo olivicolo, con i suoi riti e le sue leggende, con le storie e i canti che parlano di eroi e di briganti, ma anche di solidarietà. Insomma, il “premio” dedicato a Filo della Torre vuole essere un’opportunità: di riflessione, di poesia, di creatività al di là delle giornaliere faticose pratiche produttive, della collocazione del prodotto sui mercati, della sua valorizzazione.
RANIERI FILO DELLA TORRE: Era nato da una famiglia nobile Ranieri Filo della Torre, ma la “nobiltà” inconfondibile che possedeva era quella racchiusa nella sua anima. Riusciva ad immedesimarsi negli altri, provando a capire i sentimenti, le passioni, le angustie dei suoi interlocutori, amici o semplici conoscenti che fossero. E tutto ciò avveniva con semplicità, con levità, senza secondi fini. Ranieri con il suo atteggiamento non voleva ingraziarsi nessuno, era fatto così: disponibile sempre.
Ranieri nasce a Roma nel 1951, figlio del conte Vittorio Filo della Torre di Santa Susanna e di Lavinia dei Conti Paolozzi. All’età di appena sessant’anni, nel 2011, muore stroncato da una leucemia. Fino all’ultimo giorno aveva continuato la sua attività lavorativa, senza alcuna apparente sofferenza. Il suo lavoro non era dei più semplici. Dal 1999, espressione della Confagricoltura, era direttore generale di Unaprol – Consorzio Olivicolo Italiano. Un impegno che lo portava ogni giorno a confrontarsi, con passione e competenza internazionale, con i problemi e le speranze di tanti produttori olivicoli aderenti all’organizzazione di cui era dirigente. In precedenza aveva ricoperto la carica di vice direttore Unaproa (Unione Nazionale tra le Organizzazioni di Produttori Agrumari e di Frutta in Guscio).
Ranieri Filo della Torre era laureato in Scienze Agrarie ed era membro dell’Accademia nazionale dell’olivo e dell’olio. Collaborava in qualità di giornalista specializzato con numerose riviste di settore, tra cui “L’Informatore Agrario”, “Olivo & Olio”, “Terra & Vita”. Era stato anche coautore di diverse pubblicazioni sulle tematiche olivicole. Era amante di tutte le espressioni artistiche, dalla musica, alla pittura, al teatro. Sposato con Marida Iacona, ceramista e pittrice, aveva due figlioli, Roberto e Carmen.
Le carte vincenti della sua attività professionale erano sostanzialmente cinque: l’umanità, la saggezza, l’equilibrio, la moderazione, ma anche la fermezza con cui portava avanti le proprie idee. Ma, al di sopra di tutto, la caratteristica peculiare che possedeva, propria dei grandi personaggi, era quella d’ascoltare tutti. Non per una superiorità intellettuale, un vezzo “nobile” per sentirsi “umile tra gli umili”. Assolutamente no. Lo faceva nella consapevolezza che anche quelli che la nostra società classifica come “ultimi” hanno qualche cosa da insegnare: sempre.